venerdì 8 settembre 2017

Appello al Mondo Civilizzato degli intellettuali tedeschi (1914)

Nella prima, come nella seconda, la civiltà germanica venne attaccata x prima per costringerla ad entrare in conflitto.
#lastoriaèscrittadaivincitori

Appello al Mondo Civilizzato degli intellettuali tedeschi (1914)

In qualità di rappresentanti della scienza e dell'arte tedesche davanti all'intero mondo civilizzato, leviamo una protesta contro le menzogne e le calunnie per mezzo delle quali i nostri nemici tentato di insozzare la causa della Germania nella battaglia per la sopravvivenza alla quale siamo stati costretti. L'implacabile verità dei fatti ha smentito le voci diffuse a proposito di sconfitte che sarebbero state inflitte alla Germania. È quindi stato necessario trovare calunnie d'altro genere, e c'è chi si è impegnato con zelo per falsare la natura dei fatti onde rendere sospetta la nostra condotta. Contro questa manipolazione dei fatti e contro simili sospetti noi leviamo alta la nostra voce: essa sarà messaggera della verità.

1. Non è vero che la Germania è responsabile dello scoppio della guerra. Né la nazione, né il governo, né l'Imperatore hanno mai desiderato il conflitto. Da parte tedesca è stato fatto l'impossibile per evitarlo. Le prove autentiche di ciò sono sotto gli occhi del mondo. Spesso, durante i suoi ventisei anni di regno, Guglielmo II si è affermato come protettore della pace universale; spesso i nostri stessi avversari gli hanno riconosciuto questo merito. Ebbene sì, questo stesso imperatore è stato per molto tempo oggetto del sarcasmo di coloro che adesso osano chiamarlo Attila proprio a causa del suo incrollabile amore per la pace. Infine, quando l'attacco che si tramava lungo le nostre frontiere si è riversato su di noi da tre parti contemporaneamente, la nazione si è immediatamente levata con un sol uomo.

2. Non è vero che abbiamo violato in modo criminale la neutralità del Belgio. È assodato che la Francia e l'Inghilterra avevano deciso di violarla, ed è altresì assodato che il Belgio era consenziente e coinvolto nel complotto: se non avessimo preso adeguate contromisure, saremmo stati annientati.

3. Non è vero che anche un solo cittadino belga abbia rischiato la vita o i beni a causa dei nostri soldati, salvo nei casi in cui si è stati costretti ad applicare il triste principio della legittima difesa. Infatti, la popolazione, pervicacemente e disprezzando i nostri avvertimenti, ha continuato a sparare sui soldati tedeschi a tradimento, mutilando i feriti e massacrando i medici nell'esercizio della loro caritatevole professione. Passare sotto silenzio le atrocità di questi assassini e rappresentare la giusta punizione che hanno ricevuto come un crimine della nazione tedesca denota un comportamento menzognero e ignobile.

4. Non è vero che la cieca rabbia delle nostre truppe ha distrutto Lovanio. Dal momento che la popolazione, furiosa, si scagliava proditoriamente contro i nostri quartieri, i nostri soldati sono stati obbligati a rispondere con rappresaglie, prendendo a cannonate, a malincuore, un quartiere della città. La maggior parte di Lovanio è stata salvata. Il celebre municipio è del tutto intatto. I nostri soldati hanno rischiato la vita per difenderlo dalle fiamme. Se in questa terribile vicenda alcune opera d'arte fossero andate perdute e altre dovessero essere distrutte, ogni tedesco ne sarebbe grandemente addolorato, ma sia chiaro che benché noi non siamo secondi a nessuno per ciò che riguarda l'amore dell'arte, rifiutiamo categoricamente di pagare la conservazione di un'opera d'arte con una sconfitta tedesca.

5. Non è vero che il modo in cui noi conduciamo una guerra è in contraddizione con i diritti umani. La nostra guerra non si accompagna ad alcun atto di indisciplina o di crudeltà. In compenso, a Est la terra è bagnata del sangue delle donne e dei bambini massacrati dalle orde russe, e a Ovest le pallottole dum-dum squarciano il torace dei nostri soldati. Non possono minimamente ergersi a difensori della civiltà europea coloro che si sono alleati con i russi e con i serbi e che aizzano contro la nostra razza bianca un branco di negri e di mongoli, spettacolo oltraggioso che è sotto gli occhi del mondo.

6. Non è vero che l'attacco sferrato contro il nostro presunto militarismo non sia in realtà un attacco sferrato contro la nostra civiltà, come i nostri nemici vorrebbero ipocritamente far credere. Senza il militarismo, la civiltà tedesca sarebbe ormai sparita da tempo dalla faccia della terra. Il militarismo, frutto della nostra civiltà, è nato per difenderla, in un paese, il nostro, che come nessun altro è stato sottoposto per secolo al saccheggio e alle invasioni. L'esercito tedesco e la nazione tedesca sono una cosa sola. Questo sentimento fa oggi di settanta milioni di tedeschi altrettanti fratelli, senza distinzione di educazione, classe o partito.

Non possiamo strappare dalle mani dei nostri avversari l'arma potente della menzogna, ma possiamo gridare al mondo che essi commettono contro di noi un delitto di falsa testimonianza. A voi che ci conoscete, a voi che fin qui, assieme a noi, avete protetto i più nobili beni dell'umanità, noi in fondo come un popolo civilizzato, a cui l'eredità di un Goethe, di un Beethoven e di un Kant non è meno sacra della famiglia e della patria. Ne risponderemo davanti a voi sul nostro nome e sul nostro onore.

Adolf von Baeyer
Peter Behrens
Emil Adolf von Behring
Wilhelm von Bode
Aloïs Brandl
Lujo Brentano
Justus Brinkmann
Johannes Conrad
Franz von Defregger
Richard Dehmel
Adolf Deissmann
Wilhelm Dörpfeld
Friedrich von Duhn
Paul Ehrlich
Albert Ehrard
Karl Engler
Gerhart Esser
Rudolf Christoph Eucken
Herbert Eulenberg
Henrich Finke
Hermann Emil Fischer
Wilhelm Julius Foerster
Ludwig Fulda
Eduard Gebhardt
Jan Jakob Maria de Groot
Fritz Haber
Ernst Haeckel
Max Halbe
Adolf von Harnack
Gerhart Hauptmann
Karl Hauptmann
Gustav Hellmann
Wilhelm Herrmann
Andreas Heusler
Adolf von Hildebrand
Ludwig Hoffmann
Engelbert Humperdinck
Leopold Graf von Kalckreuth
Arthur Kampf
Fritz-August von Kaulbach
Theodor Kipp
Felix Klein
Max Klinger
Aloïs Knoepfler
Anton Koch
Paul Laband
Karl Lamprecht
Philipp von Lenard
Maximilien Lenz
Max Liebermann
Franz von Liszt
Karl Ludwig Manzel
Joseph Mausbach
Georg von Mayr
Sebastian Merkle
Eduard Meyer
Heinrich Morf
Friedrich Naumann
Albert Neisser
Walther Hermann Nernst
Wilhelm Ostwald
Bruno Paul
Max Planck
Albert Plehn
Georg Reicke
Max Reinhardt
Alois Riehl
Karl Robert
Wilhelm Roentgen
Max Rubner
Fritz Schaper
Adolf von Schlatter
August Shmidlin
Gustav von Schmoller
Reinhold Seeberg
Martin Spahn
Franz von Stuck
Hermann Sudermann
Hans Thoma
Wilhelm Trübner
Karl Vollmöller
Richard Voss
Karl Vossler
Siegfried Wagner
Wilhelm Waldeyer
August von Wassermann
Felix Weingartner
Theodor Wiegand
Wilhelm Wien
Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff
Richard Willstätter
Wilhelm Windelband
Wilhelm Wundt

Fascisti come tanti: Federico Florio, l’ardito toscano che accettava qualunque scontro

“A Prato, fin dall’anteguerra, i semi di zucca e i lupini costavano assai più delle legnate: Tamburini ed io ne sappiamo qualcosa. Tutte le domeniche erano botte da orbi: Tamburini era più matto di me, e io più di lui, ma, da buoni amici, s’andava d’accordo nel buscarle insieme dai piazzaioli di Vaiano di Campi e di Galciana, che si sfogavano sulle nostre spalle contro la guerra di Libia e la festa dello Statuto.
Tamburini, diventato poi il capo del Fascio di Firenze, si è vendicato di quelle legnate pratesi spianando il gobbo ai fiorentini: e anch’io mi sono ripagato a usura come meglio ho potuto.”
Questo, se dobbiamo credere a Malaparte, il clima che si respirava a Prato prima del conflitto. Dopo, quando cominciarono a tornare a casa ex Arditi e Legionari fiumani, la situazione non poteva che peggiorare.
Tra essi, Federico Guglielmo Florio, che era stato volontario di guerra e poi Comandante di Plotone Mitraglieri del 13° Reparto d’Assalto, e, infine, tra i pochi presenti a Fiume ininterrottamente, dalla “Marcia di Ronchi” al “Natale di sangue”. Conosciuto da d’Annunzio e da Mussolini, perché il Comandante lo invierà, a novembre del 1919, con una quarantina di suoi Arditi, a Milano, per proteggere la campagna elettorale fascista e fare la guardia al Popolo d’Italia.
http://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/fascisti-come-tanti-federico-guglielmo-florio-69366/

28.07.2017 corsa 7 km con zaino per il Casale degli Arditi

Sezione T.M.I. Tradizione Militare Italiana presente all'alzabandiera per il centenario Fondazione Reparti d'Assalto Arditi d'Italia presso il Casale degli Arditi di Scricca di Manzano.

Dove sono finiti i gloriosi Ariani quali i 300 Spartani appunto, i romani, i celti, i vichinghi, i barbari? dopo la sconfitta degli ultimi baluardi fascisti e nazionalsocialisti

Dove sono finiti i gloriosi Ariani quali i 300 Spartani appunto, i romani, i celti, i vichinghi, i barbari? dopo la sconfitta degli ultimi baluardi fascisti e nazionalsocialisti, gli europei sono stati lentamente trasformati in OGM, come tutto il resto, sradicando dal loro DNA la ConsapeVOLEZZA della Vita, del Rispetto, del Bene e del Male, e della Empatia...

"Niccolò Ciatti. Erano 300, italiani. Ed erano 300 vigliacchi
ROMA – Niccolò Ciatti, erano 300 quelli che disposti su due ordinate file fanno ala e pubblico al suo omicidio. Erano 300 quelli che il video registrato dalle telecamere inquadra in sequenza, ordinati in lunghe file, come ai botteghini di uno spettacolo. Erano 300, circa, almeno, più o meno. Ed erano in gran parte italiani. Come ha poi raccontato uno egli amici di Niccolò che era lì con lui quella alla discoteca, almeno su quel piano della maxi discoteca, era “una serata italiana”.

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Non hanno fatto nulla per fermare il pestaggio e l’omicidio. Nulla, non un passo o un gesto. E questo si vede, di questo si è scritto e detto. Si è detto che sono rimasti lì, impotenti. E si è giustamente detto e scritto anche che altro che impotenti.


Potevano, si è scritto, ma per scelta più o meno conscia la loro “naturale” reazione è stata impugnare uno smartphone e inquadrare, ritrarre la scena. Restando immobili a filmare. Filmare, si è visto e scritto, è stata la misura della loro umanità. E infatti, ordinati e compatti, filmano. Filmano prima ancora che guardare. Filmare più che guardare, è stato scritto, è la nuova cifra antropologica.

E’ stato poi visto e giustamente scritto che stanno tutti, disposti su due ali, a formare il geometricamente perfetto stadio e spalto. Stanno lì a guardare l’omicidio in diretta stando a due metri: non troppo lontano perché possano non vedere da vicino, non troppo vicino perché possano essere toccati d quanto accade.

I 300 o giù di lì sono la folla che si ferma sul ciglio della strada ad osservare l’incidente stradale e , possibilmente, anche i feriti e i morti se sono ancora sull’asfalto? No, non sono questa comunissima vertigine dell’animo umano. Non illudiamoci, quei trecento sono un’altra cosa.

Sono quei 300, è stato scritto, il prodotto, il risultato, l’esemplificazione del contemporaneo modo di percepire il reale e di fruire dell’esperienza empirica. Un reale che è sempre mediato dal comunicato, oramai quasi mai vissuto direttamente (vedi turisti o tifosi che non guardano il Gran Canyon o il gol con gli occhi ma solo attraverso l’obiettivo). Di qui la capacità di percepire il reale (il pestaggio mortale) solo come spettacolo e solo come spettatori. Può darsi, forse, anche. Ma non facciamola troppo complessa e difficile.

Quei 300 giovani italiani che si dispongono in ordinate e immobile file di spettatori mentre ammazzano uno di loro a calci e pugni, quei 300 giovani italiani che impugnano il telefonino mentre uno di loro è a terra e sta per ricevere il colpo mortale, quei 300 giovani italiani che si danno una barriera immaginaria che impedisce loro di varcare la distanza di due metri dal macello di uno di loro, quei 300 che non fanno un passo, che non sentono dentro di loro nulla che li obblighi e irresistibilmente li spinga a mettersi in mezzo sono soprattutto e semplicemente 300 vigliacchi.

Da dove nasca e in quali radici affondi la loro viltà, se sia particolarmente coltivata e irrorata oggi come o più di ieri è interessante questione sociologica e culturale. Interessante, ma non dirimente questione. Non ci sono ceceno esperti di arti marziali che tengano o ideologia e prassi dello smartphone o fenomenologia della conoscenza via social che facciano da convincenti alibi.

In 300, se massacrano di botte uno dei tuoi, se ci mettono più di dieci secondi a farlo, se in 300 si ha il tempo di mettersi in fila e cerchio a guardare, se non ci si mette in mezzo in 300 contro tre, allora si è vigliacchi. Chiunque sia stato adolescente e giovane, chiunque abbia visto o sia stato coinvolto in una lite, in una rissa lo sa che è così e non altrimenti. Non raccontiamici bugie: quei 300 erano giovani italiani, ed eran vigliacchi
https://youtu.be/rb7CASKO4J0

Cento anni fa la vittoria della Bainsizza: la più grande battaglia (dimenticata) della storia italiana

4 settembre 1917, la battaglia della Bainsizza, combattuta tra l’agosto ed il settembre 1917 è totalmente dimenticata. Eppure si tratta del più grande sforzo militare che abbia mai viste coinvolte truppe italiane in tremila anni di storia: oltre un milione di soldati italiani. Il Comando Supremo italiano con la battaglia della Bainsizza (o XI battaglia dell’Isonzo) riuscì ad ottenere i maggiori guadagni territoriali raggiunti da un esercito alleato sul fronte occidentale sin dal 1914. Come scrive la relazione ufficiale italiana uscita nel 1967, fu: “Una delle più grandiose operazioni di tutta la guerra, una delle più brillanti offensive svolte sull’intero scacchiere europeo, una delle maggiori vittorie- militarmente, forse, la maggiore- del nostro Esercito”. 

Strada delle 52 gallerie: il percorso considerato più pericoloso al mondo è in Italia

Tutto questo avveniva alla zona nord del Pasubio, lontano dagli sguardi dei nemici. Oggi la strada viene definita come un vero e proprio capolavoro di ingegneria militare ma anche di arditezza, considerando che venne realizzata in soli dieci mesi. Lo sanno bene le moltissime persone che ogni anno la percorrono. Oggi la strada è costellata da cartelli didattici che ne spiegano la storia e i particolari costruttivi.

http://www.notizie.it/strada-delle-52-gallerie-percorso-pericoloso/